L’ultima edizione della massimo simposio mondiale sulla manifattura ha quantificato economicamente i rischi derivanti dalla mancanza di competenze adeguate

Il tema delle competenze che mancano è cruciale per tutto il mondo della meccatronica e, di conseguenza, per l’intera economia. Durante l’ultima edizione del World Manufacturing Forum, dedicata proprio alle competenze, uno studio intitolato “Skills for the future of manufacturing” ne ha quantificato il potenziale impatto se non cambierà nulla da qui al 2028. Emerge che, se non verrà colmato il gap di competenze, in questo decennio l’Italia potrebbe perdere circa 173 miliardi di pil, cioé lo 0,6% del pil potenziale ogni anno.

 

L’Italia rischia di mettere a repentaglio lo 0,6% del pil. Fonte Accenture

Ma il fenomeno non è solo italiano, e riguarda anche gli Stati Uniti dove la quota di ricchezza della manifattura che andrà persa da qui al 2028 potrebbe essere addirittura superiore all’incremento della ricchezza prodotta. Infatti, se attualmente questo valore è circa un dodicesimo del pil manifatturiero, nel 2028 – sempre ipotizzando che non si faccia nulla per correggere il gap – diventerà poco meno di un sesto. Mancheranno all’appello 454 miliardi su 2.688 totali. Tra il 2018 e il 2028 verranno a crearsi negli Stati Uniti 4,6 milioni di nuove posizioni, di cui 2,69 per i pensionamenti e 1,96 per la crescita naturale della ricchezza manifatturiera (quest’ultimo dato, tra l’altro, compensa ciò che sapevamo da tempo, e cioé che la digitalizzazione nel medio periodo crea più posti di quanti non ne distrugga).  Mentre 2,2 milioni di impieghi troveranno un padrone, il 53% del totale, cioè 2,4 milioni, rischiano di non venire occupati per carenza di skill.

 

4,6 milioni di posti di lavoro tra il 2018 e il 2028. Fonte Deloitte

 

La mancanza di skill è il motivo principale per cui gli imprenditori non investono. Fonte European Investment Bank

 

La situazione in Italia

In Italia non c’è ancora la giusta consapevolezza sulla qualità, il valore e le potenzialità della formazione tecnica, nonostante gli Its siano in grado di dare un futuro certo a tutti i loro diplomati.

La meccanica è il pilastro fondamentale per l’Italia: 1,5 milioni di addetti, vale il 48,1% dell’export italiano e l’attivo dell’interscambio è di 52 miliardi. Produce il 47% del valore aggiunto del manifatturiero e l’80% della produzione viene effettuata ad alta e medio-alta tecnologia. In Lombardia nello specifico ci sono 34mila imprese, che danno lavoro a 432mila addetti, per un controvalore del 30% del pil. Questi posti di lavoro dovranno essere via via occupati da tecnici meccatronici. 

 

Le assunzioni raddoppiano, la richiesta di nuovi posti di lavoro è quasi quattro volte tanto. Fonte bBureau of Labour Statistics

 

Le nuove professionalità richieste

Le nuove carriere che si vanno delineando nell’industria manifatturiera richiedono competenze tecniche. Secondo il World Economic Forum, entro il 2022 oltre 130 milioni di nuovi ruoli nel mondo saranno il risultato di una nuova divisione del lavoro tra uomini e macchine. Le tecnologie che guideranno questo cambiamento di paradigma nel settore manifatturiero sono prima di tutto i big data analytics (85% del campione considerato dal Wmf), IoT con il 75%. Secondo uno studio di McKinsey citato dal Wmf (che ha utilizzato, oltre a dati originali, anche svariati studi fatti dalle principali firme delle consulenza) entro il 2030 l’industria globale avrà bisogno di 800 milioni di nuove figure professionali legate a competenze digitali; al contempo, sarà necessario “sostituire” 400 milioni di persone, a causa dell’automazione: di queste, 24 milioni in Germania, 23 negli Usa e 16 in Cina. 

Competenze sì, ma quali?

Fotografata la situazione complessa, il WMF ha enucleato le dieci competenze che devono essere sviluppate dalle aziende per avviare definitivamente la quarta rivoluzione industriale.

Prima di tutto una comprensione digitale che consenta di interagire con i nuovi sistemi manifatturieri. Non solo, ai nuovi operai si richiede anche che siano in grado di comprendere, completare e perfino sviluppare nuovi sistemi digitali, tecnologie di ultima generazione, applicazioni e strumenti. In secondo luogo serve la capacità di impiegare e disegnare nuove soluzioni diintelligenza artificiale e di data analytics, oltre a sapere leggere in maniera critica e complessa le informazioni ricavate. Imprescindibile per il Wmf la possibilità di problem solving applicata ai sistemi di smart manufacturing. Serve una forte mentalità imprenditoriale e la comprensione dell’importanza della sicurezza sul posto di lavoro. Un approccio più aperto verso culture diverse può permettere di migliorare l’output. In ambito cybersecurity – ed è questa la settima skill rilevata dal Wmf – è necessario comprendere come il digitale accresca l’intera catena del valore della manifattura. L’essere multitasking, poi, garantisce la rispondenza alle necessità di Industria 4.0 e della sua crescente complessità. La comunicazione, d’altronde, non sarà più soltanto una modalità di interazione con gli umani, ma diventa parte integrante del rapporto con l’It e i sistemi di intelligenza artificiale. Infine, il decimo punto riguarda la capacità di mantenere una certa apertura mentale di fronte alle trasformazioni che riguardano la manifattura.

Professioni fantastiche… e come chiamarle

La rapida proliferazione di nuove tecnologie ha e continuerà a trasformare i ruoli all’interno della produzione. L’avvento di Industry 4.0 non sta solo aumentando la natura dei ruoli produttivi esistenti come i lean manager, ma sta anche portando alla creazione di ruoli completamente nuovi come esperti di robot collaborativi e scienziati industriali di big data. È quindi imperativo che educatori e formatori assicurino che vi sia una formazione adeguata per preparare i lavoratori a questi ruoli sempre più richiesti dal mercato del lavoro. Allo stesso modo, le aziende dovrebbero porre l’accento sulle opportunità di transizione per i lavoratori esistenti verso ruoli nuovi o aumentati all’interno dell’organizzazione, fornendo i programmi di istruzione e formazione della forza lavoro necessari per supportare tale transizione. Ecco alcune delle nuove figure professionali di cui si parlerà in futuro.

Digital Ethics Officer, la figura che coordina lo sviluppo, l’implementazione e il monitoraggio di programmi di etica e conformità (politiche, procedure, riunioni, formazione e audit).

L’ingegnere lean 4.0 è in grado di identificare come l’integrazione delle tecnologie Industry 4.0 e vari metodi snelli può fornire valore per migliorare l’eccellenza operativa.

Il big data scientist industriale è una figura centrale nell’analisi e manipolazione dei dati per sbloccarne il valore per l’azienda, come la generazione di approfondimenti che portano a nuovi modelli di business.

L’esperto di robot collaborativi assicura un’interazione regolare tra uomo e robot e lavora per massimizzare le capacità dei robot di supportare in vari processi.

Manager per l’integrazione It/Ot facilita le interazioni tra i sistemi IT e gli ambienti di produzione per consentire il processo decisionale in tempo reale, rafforzare la sicurezza delle risorse e aumentare le capacità organizzative per cogliere nuove opportunità di business.

Il digital mentor aiuta il personale di tutta l’organizzazione a sentirsi a proprio agio nel lavorare con la tecnologia. Particolare attenzione può essere data per aumentare la fiducia dei lavoratori più anziani che potrebbero essere riluttanti a imparare come utilizzare i nuovi strumenti digitali.

 

Con la quarta rivoluzione industriale si moltiplicano le nuove professionalità. Fonte Wmf Report 2019

Consigli del Wmf ai governi:  dieci pilastri di una corretta formazione

Il Wmf ha tracciato la rotta per la formazione. Ha stilato un viatico che può essere preso in considerazione dai governi, quando definiscono le politiche in materia. Primo punto è l’aggiornamento continuo. Il secondo, è che il lavoratore deve essere posto nella condizione di poter ottenere risultati da dispositivi in costante evoluzione. Il terzo, è la realizzazione di un sistema di meccanismo pubblico privati per favorire l’apprendimento del lavoratore. Il quarto è che bisogna superare l’immagine negativa che l’industria si porta dietro, quella di luogo adatto alla fatica fisica e poco pulito. Il quinto è lo sviluppo di profili diversi da quello del superspecialista: le competenze tecniche vanno associate ai soft skill. Il sesto è che la tecnologia va considerata come uno strumento di promozione dell’educazione. Il settimo è che bisogna considerare la tecnologia come un fattore che attiva la scala sociale e l’avanzamento della società. L’ottavo è che bisogna diffondere la consapevolezza dell’importanza della trasformazione digitale. Il nono è che i percorsi di formazioni vanno personalizzati, e costruiti in rapporto alle inclinazioni del lavoratore. Il decimo e ultimo punto è che la competizione interna all’azienda va sostituita con la cultura della collaborazione e delle cooperazioni.