All’ateneo di Pavia si fa ricerca sulla stampa 3d e i relativi materiali, e gli Its si focalizzano sulla parte più tecnica. Ma anche le aziende non sono da meno: La Marzocco, Fluid-o-Tech e Valvitalia collaborano con le università alla formazione. Con Assolombarda vengono proposti percorsi per avvicinare i giovani a questo mondo. Ma quali sono gli skill giusti? Parla il professore Ferdinando Auricchio

 

La stampa 3D si sta imponendo in ogni settore dell’industria: biomedicale, aerospaziale, automotive. Secondo le stime di Gartner, entro il 2021 il 40% delle fabbriche avrà introdotto tecnologie di manifattura additiva nei propri processi. Se implementare le tecnologie è relativamente facile, trovare le competenze giuste è più complicato ed è per questo motivo che i giovani che si specializzano in questo settore non faticheranno a trovare opportunità di lavoro: la richiesta è elevata. In Italia sono fondamentalmente due le tipologie di strutture dove maturare queste conoscenze: gli Istituti Tecnici Specializzati (Its) e le università che offrono corsi di studio dedicati alla manifattura additiva, fra cui l’Università di Pavia e i Politecnici di Milano e Torino (ma non solo). Ne abbiamo parlato con il Prof. Ferdinando Auricchio, uno dei massimi esperti di stampa 3D italiani.

Il mercato della manifattura additiva cresce in maniera significativa: nel 2019 valeva 27 miliardi dollari e per il 2024 le stime di Markets&Markets parlano di 34,8 miliardi, con una crescita del 30% su base annua. Ma gli investimenti che le aziende devono sostenere per integrare processi di stampa 3D vanno oltre i macchinari. Servono soprattutto competenze ad ampio raggio: tecnologie, materiali, progettazione, simulazione, trattamenti, post lavorazione, di prodotto. E persone in grado di cambiare l’approccio al prodotto: la manifattura additiva non va a sostituire processi industriali già collaudati ed estremamente ottimizzati, ma è molto efficace per la produzione di lotti limitati, dove permette di risparmiare tempo e costi. Avrà anche un forte impatto sulla meccatronica, secondo il professore Ferdinando Auricchio. «La meccatronica è il futuro della meccanica, in quanto prevede l’integrazione di funzionalità avanzate basate su sensoristica ed attuazione all’interno di dispositivi e componentistica meccanica», spiega il professore. «Tale integrazione ovviamente può richiedere una riprogettazione dei componenti, aprendo la strada a loro ottimizzazioni. A tal riguardo la manifattura additiva può quindi essere uno strumento di grandissima utilità, sia per la velocità nella produzione di prototipi sia per la possibilità di creare componenti industriali con una limitata restrizione sulle geometrie ottenibili, permettendo quindi una vera integrazione ed ottimizzazione di funzione».

La stampa 3D si sta imponendo in ogni settore dell’industria: biomedicale, aerospaziale, automotive: secondo le stime di Gartner, entro il 2021 il 40% delle fabbriche avranno introdotto tecnologie di manifattura additiva nei loro processi

La principale difficoltà del mondo dell’impresa ad adottare stampa 3D è quella di dover ripensare l’intera produzione, di usare la tecnologia nuova per dare vita a prodotti nuovi, non semplicemente per abbassare i costi e ottimizzare la produzione. È una tecnologia nata per la realizzazione rapida di prototipi, che col tempo è evoluta sino a diventare, in specifici casi, un’alternativa alle tecniche tradizionali. Per capire quando, come e dove può dare i suoi frutti è però necessario sedersi a tavolino con degli esperti e ripensare l’approccio alla produzione, capire in che ambito può fare la differenza e rivedere i business plan. Considerato che il settore è piuttosto giovane, non è facile trovare esperti del mercato del lavoro ed è inevitabile che le aziende cerchino figure esperte lì dove si fa formazione e ricerca sulla manifattura additiva: chi sceglie questi indirizzi di studio oggi avrà molti sbocchi lavorativi, proprio perché le aziende hanno bisogno di essere supportate in questo processo. Non è un caso che spesso le tesi universitarie nascano dalle esigenze aziendali, anche se Auricchio sottolinea che lui non mette gli studenti al servizio delle imprese: «Non farei un buon servizio a nessuno dei due mondi», spiega il professore, aggiungendo però «Io non vendo un prodotto di ricerca: faccio una ricerca che ha valore sia per l’università sia per l’azienda, e di conseguenza deve dare un ritorno economico».

L’Italia sotto il profilo della ricerca e della formazione sulla stampa 3D è ben messa, con numerosi istituti che hanno attivato programmi specifici sui processi di manifattura additiva e che collaborano attivamente con le imprese per dare un indirizzo pratico a questi corsi di studi: è per questo che le imprese italiane sono estremamente interessate a queste figure. Figure che difficilmente corrono il rischio di essere sostituite a breve da professionisti di altri Paesi, dove il costo del lavoro è più basso: come faceva notare il Centro Studi di Confindustria già nel 2014 «Lo sviluppo della manifattura additiva potrebbe comunque ridurre l’incentivo a delocalizzare nei paesi emergenti a basso costo del lavoro: il fattore lavoro incide, infatti, meno sul costo totale, il costo della materia prima è sostanzialmente identico e le minori problematiche di inquinamento ambientale associate alla stampa 3D riducono l’importanza dei vantaggi competitivi dei paesi con normative ambientali meno rigide».

Il professore Ferdinando Auricchio dell’Università di Pavia

 

Its e Università: la porta di ingresso al mondo della manifattura additiva

La figura di ingegnere capace di lavorare sulla stampa 3D è molto versatile e per questo l’università può essere un ottimo alleato delle imprese: indirizza le ricerche, forma i lavoratori del futuro e supporta le imprese nel cambio di mentalità necessario per integrare la manifattura additiva nei processi. Ma l’università non è l’unico ambito dal quale attingono le aziende, che guardano con interesse anche alle figure che provengono dagli Its, gli istituti tecnici specializzati, che formano professionalità differenti, pur riconducibili allo stesso ambito applicativo. «Le competenze universitarie sono meno tecnologiche, mentre gli Its sono più focalizzati sulla competenza tecnica. Chi esce dall’Its è più preparato a usare i software e le stampanti: è più verticale sulla singola applicazione. L’università è più generica e più aperta», prosegue il professore. La differenza fra Università e Its va quindi ricercata nella capacità di questi ultimi di applicare le competenze maturate più velocemente. Chi esce dagli Its, d’altro canto, paga lo scotto di avere una visione meno ampia del progetto rispetto a chi ha seguito un percorso universitario.

Sicuramente le imprese apprezzano la praticità degli Its, perché un ragazzo che arriva da questi istituti è già pronto a produrre, a concretizzare i progetti: sa già usare le stampanti, insomma, e conosce bene le proprietà dei materiali che vengono utilizzati per questo scopo. Ma questo è utile solo nel caso l’azienda abbia già fatto le sue ricerche e i suoi ragionamenti, avendo ben chiaro come e dove applicare le tecniche di manifattura additiva. In caso contrario, l’applicazione non basta ed è qui che entra in gioco la ricerca svolta dall’università, che aiuta le imprese nel loro processo di trasformazione, supportandole nell’adozione della stampa 3D. Per esempio, analizzando i cataloghi dei prodotti, così da individuare quelli che ha senso produrre con tecnologie innovative, e aiutandole anche nella scelta dei materiali più adatti a ogni singola produzione. Inizialmente la manifattura era concentrata sulle plastiche, ma oggi è si lavora già resine fotopolimeriche, metalli e anche cemento, ampliando ulteriormente lo spettro di applicazioni possibili. La risorsa più costosa alla fine è il tempo necessario a riprogettare prodotti e processi produttivi: servono progetti di ampio respiro, i cui risultati saranno evidenti dopo 3/5 anni. Ma avranno un’enorme portata.

Diego Andreis, ad di Fluid-o-Tech

 

La formazione in Italia: dove acquisire le competenze necessarie

In ambito universitario, l’università di Pavia è uno dei poli di eccellenza nella ricerca sulla manifattura additiva, studiando nuovi materiali e le loro applicazioni per l’industria (anche 4.0), l’architettura, l’ingegneria civile e il settore medicale. Al suo interno si trovano laboratori dedicato allo studio dei metalli nei processi di stampa 3D (3DMetal), del cemento (Lab 3D Concrete), alle applicazioni per il settore medicale (3D4Med). È un istituto che vanta numerose collaborazioni con il mondo delle imprese, come per esempio La Marzocco, che produce macchine da caffè, e Fluid-o-Tech di Diego Andreis, realtà italiana specializzata nella produzione di pompe per ogni tipo di industria. L’università di Pavia è anche partner del progetto Made4Lo, Metal AdditivE for Lombardy, che vede la partecipazione di aziende come Blm e Gf Machining Solutions e alcune pmi: Ttm Laser, 3D-NT, Gfm, Fubri, Co. Stamp e Officine Meccaniche G. Lafranconi. Coordinato da Tenova, società multinazionale del Gruppo Techint, Made4Lo prevede un investimento di 6,6 milioni di euro e durerà 30 mesi e si inserisce nell’ambito Associazione Fabbrica Intelligente, il cluster tecnologico lombardo: l’obiettivo è di realizzare un progetto pilota per un modello di fabbrica “di rete” basata sulla stampa 3D.  Al progetto aderisce anche il Politecnico di Milano, al cui interno trova spazio +LAB, il primo laboratorio di stampa 3D dell’istituto, attivo dal 2013, e Polifactory, un makerspace dove si fa ricerca sperimentale, competitiva, applicata e, inevitabilmente, didattica. Dal 2018 Polifactory è stato promosso a Key Enabling Technology Centre riconosciuto dalla Commissione Europea, impegnato a supportare le pmi europee nell’utilizzo di tecnologie abilitanti nei processi di ricerca e sviluppo e innovazione. AddMe.Lab, istituito nel 2014, è invece il laboratorio di additive manufacturing del Polimi che fa ricerca sui metalli, ed è finanziato anche dai contributi di Regione Lombardia e di aziende private come Blm Group, Marposs Italia, Maspero Fonderie, Sapio, Titalia. Anche il Politecnico di Torino svolge ricerca sulla manifattura additiva attraverso il gruppo Advanced Manufacturing TECHnologies (Amtech), che concentra la sua attività su aerospaziale, automotive, biomedicale e settore orafo, sul virtual manufacturing e sullo sviluppo di tecniche innovative di controllo qualità.

Passando agli Its, l’Atlante i4.0 di Unioncamere ne conta 31 che fanno formazione nel settore della manifattura avanzata sparsi per tutta la penisola, isole comprese, che ospitano l’Istituto Tecnico Superiore filiera agro-alimentare della Sardegna e l’Istituto Tecnico Superiore Efficienza energetica della Sicilia. In Lombardia ci sono la Scuola Cova di Milano, l’Istituto Tecnico Superiore Lombardo per le nuove tecnologie meccaniche e meccatroniche di Sesto San Giovanni, l’Istituto Tecnico Superiore Mobilità sostenibile: mobilità delle persone e delle merci di Bergamo. In Piemonte si segnalano l’Istituto Tecnico Superiore per la Mobilità sostenibile – Aerospazio/Meccatronica di Torino e l’Istituto Tecnico Superiore Biotecnologie di Ivrea, mentre a Udine si trova l’Istituto Tecnico Superiore Nuove tecnologie per il made in Italy che presenta un corso di 2.000 ore per Tecnico Superiore per l’Automazione ed i Sistemi Meccatronici specificatamente pensato per chi opera con tecnologie di manifattura additiva. Non sono tutti uguali e ogni Its è solitamente si focalizza su uno specifico settore: biomedicale, aerospaziale e automotive, moda, meccatronica.

La collaborazione col l'Università di Pavia ha permesso a La Marzocco di ottimizzare il processo produttivo di alcune componenti delle sue macchine per il caffé.

La collaborazione con l’Università di Pavia ha permesso a La Marzocco di ottimizzare il processo produttivo di alcune componenti delle sue macchine per il caffé.

 

Il dialogo fra Università e Its

Al contrario di quanto si può pensare, gli Its e le Università non sono poi mondi così distanti, scollegati fra loro: al mondo universitario fa comodo la praticità tipica degli istituti tecnici, mentre questi ultimi hanno bisogno di quella ricerca di base che è tipica della ricerca accademica, e che loro sono maestri nell’applicare. Secondo Auricchio gli Its stanno facendo tantissimo per l’innovazione e bisognerebbe interagire di più con loro: sono dotati di tutte le attrezzature necessarie e i ragazzi sanno come usare le macchine. «Stiamo avviando un discorso con alcuni Its per fare tirocinio presso di noi. Noi abbiamo bisogno di alcune competenze che sono naturalmente sviluppate negli Its», chiosa Auricchio, che da tempo insiste sull’importanza di una collaborazione sempre più stretta fra il mondo dell’impresa e quello accademico, così da poter spingere ulteriormente l’acceleratore sullo sviluppo della manifattura additiva.